A scuola dai ‘pro’: facciamo attenzione. E alleniamola

Torna la rubrica ISMCA. Con ancora più contenuti. Questo mese il preparatore atletico Salvatore Buzzelli ci parla dell’importanza dell’allenamento delle capacità attentive nell’ambito della preparazione funzionale del giocatore di tennis

La ISMCA (International Sport Mental Coaching Association), nel corso dell’anno ha deciso di ampliare il tuo ambito di attività. Oltre infatti a formare professionisti di livello nel mental coaching la sua mission si è allargata anche alla formazione, sempre in ambito tennistico, nel campo della preparazione fisica. Ad esempio, il corso che si tiene in questi giorni a Milano, in sinergia con il Simposio Internazionale di Tennis e la GPTCA, permetterà di ottenere le qualifiche di mental coach ISMCA di 1° e 2° livello e di pyhsical coach di 1° livello. La rubrica ISMCA ovviamente si allinea a questa evoluzione ed offrirà contributi sia in ambito mental coaching che in quello della preparazione fisica. L’articolo di questo mese in realtà interessa entrambi gli ambiti in questione. A scriverlo è Salvatore Buzzelli, famoso preparatore atletico – in campo tennistico ha lavorato con Camporese, Narducci e Garbin – ma soprattutto ricercatore e metodologo dell’allenamento e della preparazione atletica.

È da quando ho iniziato a frequentare i campi da tennis che sento ripetere il tormentone che recita: “Per vincere, bisogna tirare la palla sopra la rete e mandarla dentro le righe, una volta in più dell’avversario!”. L’ovvietà di questo “adagio” racchiude l’essenza del tennis agonistico! Se di primo acchito la frase può far pensare ad un’operazione semplice e banale da realizzare, in realtà, metterla in pratica è alquanto difficile e complicato. Me ne sono accorto fin da subito e questo pensiero si è andato rafforzando sempre più nell’arco degli ultimi quarant’anni passati ad allenare tennisti di qualsiasi livello, in cui progressivamente si è registrata una evoluzione sempre più “fisica” del tennis giocato. Infatti, attualmente più che nel passato, per primeggiare e vincere non basta saper gestire la tecnica dei vari colpi, ma occorre essere atleti veri. Non a caso il tennista professionista, oggi più che mai, si è dovuto evolvere fino a farsi considerare il paradigma dell’atleta completo: ordinato, disciplinato, organizzato, consapevole, responsabile, impegnato tout court a consolidare le opportune qualità motorie, a studiare nuove strategie vincenti e a rafforzare una robusta e necessaria “forza mentale”.

Quindi, come avviene ormai per tutti gli sport, anche per praticare il tennis agonistico è importantissimo sviluppare, fin dai primi momenti dell’attività motoria organizzata, un serio progetto di allenamento che si attenga ad indicazioni scientifiche ed alcune linee guida di pratica consolidata, che aiutino in ultima analisi a creare o a rendere il gioco più solido e più efficace possibile oltre che a prevenire gli infortuni. Tutto ciò sta alla base concettuale della moderna preparazione atletica funzionale, il cui punto focale è incentrato sul “modello di prestazione”, che suggerisce le indicazioni di tipo motorio, neuromuscolare, cardiorespiratorio, metabolico e quant’altro, necessarie per una decodifica dello sforzo globale indotto dalla pratica di tale sport. Il “modello di prestazione” solitamente emerge da studi scientifici organizzati ad hoc proprio per definire cosa, come e quanto intervengono gli elementi sopracitati, nella prestazione agonistica. Tra questi si annoverano anche due ricerche scientifiche condotte dal mio staff di collaboratori, in cui vengono messe in evidenza l’importanza dell’Attenzione, che si troverebbe a rivestire il ruolo fondamentale nella prestazione agonistica, e di come poterla allenare.

Gli ultimi trent’anni anni del mio impegno di ricerca nel campo della preparazione specifica del tennista sono stati dedicati a capire come incidere significativamente nella prestazione di gioco e soprattutto per creare un metodo di lavoro sicuro ed efficace. Dodici anni fa finalmente sono approdato ad una soluzione soddisfacente a questo mio interesse, che la comunità dei preparatori fisici ha accettato e utilizzato su larga scala. Alla base del mio pensiero c’era una riflessione banale. Mi chiedevo come mai, se è vero come afferma la stragrande maggioranza degli addetti ai lavori che il risultato agonistico nel tennis sia determinato dal 50% dalla “testa” intesa come qualità mentali, il 40% dal “fisico” inteso come preparazione atletica, il 10% dalla “tecnica”, nell’allenamento il più delle volte si constata che le proporzioni nell’applicazione pratica, in relazione all’importanza dei predetti settori, non sono esattamente rispettate.

Infatti non è una novità che gli allenamenti siano perlopiù incentrati su ore e ore di tecnica e palleggio, integrati da preparazione atletica ma raramente completati da esercitazioni a carattere mentale. Per aspetto mentale nel tennis, non ci si riferisce solo all’approccio motivazionale, al rilassamento, alla gestione dei momenti topici della partita compresa l’ansia da prestazione ma riguardano anche l’Attenzione e la Concentrazione. Infatti, nell’evento agonistico, le azioni di gioco si sviluppano in un susseguirsi a volte schematico, a volte casuale, di movimenti che ancor prima della efficienza organica, richiedono una considerevole capacità di Attenzione e Concentrazione, aspetti questi che devono rientrare di diritto nel “modello di prestazione” e di conseguenza caratterizzare l’allenamento, che dovrà contemplare questa condizione mentale di fondo.

Ed è proprio questo il nucleo centrale del mio metodo di lavoro: l’allenamento del tennista, per rispondere al principio della funzionalità, deve strutturarsi mirando al miglioramento delle varie qualità fisiche (neuromuscolari, coordinative, condizionali e metaboliche) ma sotto l’egida dell’aspetto attentivo, cioè, le esercitazioni scelte per stimolare il miglioramento dei vari requisiti motori devono svolgersi mentre l’allievo è obbligato stare attento e concentrato, esattamente come si richiede in partita. Infatti il tennista si sposta nel campo perché è stimolato a farlo dal colpo che l’avversario mette in gioco e se provassimo a rappresentare schematicamente quello che avviene durante il gioco, potremmo creare uno schema logico così rappresentato:

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